martedì, luglio 22, 2008

Non ci resta che attendere...



E come direbbe Roscharch
Nessun compromesso... o sarà un capolavoro o sarà una cagata pazzesca!

lunedì, giugno 30, 2008

Disquisizioni neoempiriste sul bagnasciuga davanti ai tanga

Al mare…

Ometto: Bla bla, bla bla…
Briga: Bla bla bla, bla…
Ometto: Bla, bla bla!

(due ragazze si posizionano davanti con costumi succinti)

Briga: !
Ometto: …!
Briga: …!!!!
Ometto: Però!
Briga: Epperò!
Ometto: No dico… secondo te qual è meglio?
Briga: Quello di sinistra!
Ometto: Si, ma preso in senso stretto. Se osserviamo il particolare è decisamente meglio il sinistro, ma guardiamo nella totalità e nell’armonia del corpo in toto … nel complesso quello a destra risulta migliore!

Briga: Hai ragione!
Ometto: La domanda sorge spontanea quindi: le cose vanno analizzate soffermandosi sul particolare o è preferibile cercare di ambientare il contesto in una visione generale che ti faccia comprendere la totalità? Così facendo però l’analisi estrapola l’oggetto in un contesto superiore e la domanda iniziale perde di significato non trovi?
Briga: ?
Ometto: Eh si!
Briga: Saresti stato il classico professore che millanta teorie incomprensibili, nessuno ti avrebbe ascoltato tranne i due in prima fila che avrebbero preso appunti inutili!
Ometto: Eh già!
Briga: Cmq io me le farei tutte e due!
Ometto: Condivido in toto!

Ambarabà: Ohi ciao di che si parla?
Ometto: Se l’oggetto deve essere studiato in senso stretto e nel particolare o se invece è preferibile analizzarlo all’interno del contesto generale per una visione più approfondita anche se...
Ambarabà: ???
Briga: Di culi… si parla di culi!

mercoledì, giugno 25, 2008

Absolutely "Magic"



I want a thousand guitars
I want pounding drums
I want a million different voices speaking in tongues

















venerdì, maggio 23, 2008

Citescion ver. 0.6

Ballata per la mia piccola iena


L'autista che ti guida ha una sola mano,
ma vede cio che credi invisibile.
Nel tuo piccolo mondo fra piccole iene
anche il sole sorge solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene,
mia piccola iena, solo se conviene.
L'amore rende soli, ma è ben più doloroso
se per nemici e amici non sei più pericoloso.
La testa è così piena che non pensi più.
Ti si aprono le gambe oppure le hai aperte tu?
Aiutami a trovare qualcosa di pulito!
Uccidi ma non vuoi morire,
uccidi ma non vuoi morire.
Fra piccole iene, solo se conviene.
Mia piccola iena, solo se conviene.
Non puoi scordare dove son state le tue labbra; sai già come sarà, ma non sai più chi sei...
La testa è così piena, non riesci più a pensare che anche senza te si possa ancora respirare!
Quello che hai appena fatto ti ha fatto stare meglio!
Chi uccide ma non vuol morire, uccidi ma non vuoi morire!
Fra piccole iene, solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene.
Mia piccola iena solo se conviene,
Mia piccola iena
solo se conviene...

Afterhours 23/5/2008

Update:

"E' Manuel, non c'è dubbio, l'ultimo Messia: un Billy senza boria, una Courtney senza attributi femminili, un Eddie senza aureola, un Kurt senza fucile. Veneratelo oppure crofiggetelo, ma non fate a meno di ascoltare almeno qualche passo del suo Vangelo"

Federico Guglielmi - Mucchio Selvaggio all'uscita di Hai paura del buio

sabato, maggio 03, 2008

Sindrome causata da violenza mancata

Nei primi anni del ‘900, nei viali dei giardini londinesi di Kensington, tal James Matthew Barrie incontrava i cinque figli della vedova Llewellyn-Davies.

Ora, se le cose fossero andate come dovevano andare - e forse come James voleva che andassero - sir Barrie si sarebbe “sollazzato” con i cinque pargoli e magari sarebbe finito impiccato per le palle…

Magari ora il suo nome non sarebbe legato ad un ragazzino che non voleva crescere con stracci verdi e cappellino da idiota e ad un pirata incapacitato a tirarsi seghe con la mano sinistra, ma sarebbe la mascotte prediletta per pederasti e pedofili.


Barrie: Ciao bel bambino come ti chiami?
Peter: Mi chiamo Peter e quelli sono i miei quattro fratelli!
Barrie: Che bello perché non mi seguite nella mia cantina che ho tanti dolci da farvi provare?
Peter: La mamma non vuole, perché non inventiamo una storia?
Barrie: Si, ok! Ma prima vi mostro la mia collezione di leccalecca giù in cantina va bene?
Peter: Dov’è la tua cantina?
Barrie: Secondo lampione a destra e poi dritto fino al portoncino!


Ecco, la domanda è semplice: è bastata una violenzamultipla su minori mancata per condannare le generazioni future alla sindrome di Peter Pan?

Mah ti dirò, la puzza di spirito adolescenziale prima o poi te la togli per forza, scompare, trasuda e viene via… e non ci sono cazzi! E non ci sono cazzi che quei tempi – se hai avuto la fortuna di assaporarli – non li dimentichi e li rimpiangerai per sempre, anche solo perché sono quello che per forza di cose e sentimenti e pensieri e sensazioni e… non potrai mai più rivivere.


Ometto: Cosa bevi?
Peter Pan: Un succo di frutta!
Ometto: …
Peter Pan: anche un crodino va bene!
Ometto: O ti allunghi uno jager o non ci sono cazzi!
Peter Pan: Va bene, però facciamo in fretta… ho ideato uno scherzo per Uncino che è una bomba!
Ometto: Eh… attento che non ti esploda nel culo… e togliti quel cappello ridicolo!
Peter Pan: Sei solo invidioso.
Ometto: Non dire cazzate!
Peter Pan: Io non devo preoccuparmi di nulla, ricordi com’era?
Ometto: …
Peter Pan: Ricordi com’era lunga l’estate? Ricordi le comitive infinite e la vita universitaria? Ricordi cosa significava organizzare una festa con 500 persone e ricordi cosa voleva dire andare in vacanza? Ricordi le serate senza meta e tornare a casa alle sei del mattino di un mercoledì anonimo? Ricordi tutti quei sogni che stranamente sono rimasti sogni e ricordi nottate tra film di Truffaut e Lynch, Kubrick e Kieslowski ? Ricordi cosa voleva dire alzarsi alle otto di domenica mattina dopo un sabato bagordo per giocare a pallone in un campetto sgarrupato anche nel fango e con un freddo glaciale?
Ometto: …
Peter Pan: E ricordi cosa voleva dire partire senza destinazione e “tanto c’è tempo… poi mi preoccupo” e ricordi quanti km per un concerto e gli interrail senza soldi e le albe e quei tormentoni che ti facevano sentire vivo e quante risate e scherzi e cazzeggio e amori e quelle delusioni che ora non sembrano più tanto enormi e ....?
Ometto: …ehmm
Peter Pan: Allora… ho ragione no? Sei invidioso!
Ometto: …
Peter Pan: Alloooooooora?
Ometto: ...
Peter Pan: Sei invidioso, sei invidioso, sei invidiooooooosooooooooo!!!
Ometto: ‘fanculo stronzo stupro mancato!
Peter Pan: …!!!
Ometto: E campanellino è na zoccola!

La linea d'ombra di Cloe

“Dov’è finita quella puzza di adolescenza?” si chiede Ometto.

Primo: non mi ricordo nemmeno se la domanda è corretta.

Secondo: lo inviterei volentieri nella mia palestra, quando le quindicenni finiscono l’ora di danza: lì sì che si può respirare a pieni polmoni…peggio che sulla più intasata circonvallazione milanese.

Terzo: mi ha “imposto” di non essere mielosa.

Chissà cosa vuol dire…

Voglio solo raccontare dei miei ricordi di quindicenne (che ai miei tempi era adolescenza) e i miei stati di quasi trentunenne (ancora in post adolescenza, a detta di eminenti studiosi).

Bhè, partendo da Kurt Cobain, ricordo solo che il primo ragazzo – quello delle storie eterne che non finiscono mai e dei lucchetti attacchi sul ponte di Roma – era particolarmente giù. Io non capivo, perché allora ero fanatica dei Take That, quindi pensate voi che mondi paralleli.

L’unica cosa che ha fatto è stata scrivere. Ha scritto una gran bella poesia, un po’ arrabbiata e un po’ malinconica e l’ha attaccata sull’armadietto di un rigido istituto di Gesuiti…

Questo riguarda quand’ero giovane, quando scrivevo i miei sogni sulla Smemoranda e quando non avevo la minima idea di cosa significasse vivere, nonostante mi sentissi già maturissima e pronta ad affrontare chissà quale tempesta.

…passano gli anni e di tempeste non ne arrivano, solo parecchie pioggerelline leggere, apparentemente innocue, ma che qualcosa scalfiscono.

Non ho ancora capito bene cosa, ma scalfiscono…

E mi ritrovo a leggere teorie che dicono che per l’adolescente, impaurito dalle richieste del mondo e con un’anima troppo fragile per rischiare il compromesso con la realtà, la soluzione è quella di trascorrere il tempo nell’eterno, nel trasparente mondo di vetro della propria solitudine, alimentandosi di fantasticherie. (Carotenuto A.)

Non so… sono troppo incasinata: amiche che partoriscono, amiche che guadagnando notevoli quantità di € e altre che girano il mondo. Qualcuna parte, ma per fortuna ho vicino a me anche tanti compagni d’avventura che continuano a porsi domande…

…oddio, è vero che dopo un po’ dovremmo darci un taglio, altrimenti non si finisce più.

Comunque vorrei concludere con una canzone del Jova, di quando aveva più o meno 30 anni, cosa che mi fa ben sperare che sia una “normale” fase di passaggio. Ma poi quante ce ne saranno ancora? Non è che la vita è tutto un passaggio? Che me lo dicano, almeno mi metto l’animo in pace e non disfo la valigia!

Io vi metto il testo, spero che Ometto sia mosso da bontà (?) e vi metta la canzone, perché nonostante lui dica che è parlata e che il testo sia banale, riflette la mia attuale PUZZA DI ADOLESCENZA.

P.S.: Spero di non ritrovarmi ancora qui quando avrò 40 anni, visto che tutto sembra posticiparsi di continuo…

"La linea d'ombra, la nebbia che io vedo a me davanti, per la prima volta nella vita mia mi trovo a saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo. Mi offrono un incarico di responsabilità, portare questa nave verso una rotta che nessuno sa. È la mia età a mezz'aria, in questa condizione di stabilità precaria, ipnotizzato dalle pale di un ventilatore sul soffitto mi giro e mi rigiro sul mio letto, mi muovo col passo pesante in questa stanza umida di un porto che non ricordo il nome. Il fondo del caffé confonde il dove e il come e per la prima volta so cos'è la nostalgia, la commozione, nel mio bagaglio panni sporchi di navigazione. Per ogni strappo un porto, per ogni porto in testa una canzone, è dolce stare in mare quando son gli altri a far la direzione senza preoccupazione, soltanto fare ciò che c'è da fare e cullati dall'onda notturna sognare la mamma, il mare …
Mi offrono un incarico di responsabilità, mi hanno detto che una nave c'ha bisogno di un comandante, mi hanno detto che la paga è interessante e che il carico è segreto ed importante.

Il pensiero della responsabilità si è fatto grosso, è come dover saltare al di là di un fosso che mi divide dai tempi spensierati di un passato che è passato, saltare verso il tempo indefinito dell'essere adulto: di fronte a me la nebbia mi nasconde la risposta alla mia paura, cosa sarà, dove mi condurrà la mia natura? La faccia di mio padre prende forma sullo specchio, lui giovane, io vecchio, le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio: "la vita non è facile, ci vuole sacrificio un giorno te ne accorgerai e mi dirai se ho ragione" arriva il giorno in cui bisogna prendere una decisione e adesso è questo giorno di monsone, col vento che non ha una direzione. Guardando il cielo un senso di oppressione, ma è la mia età dove si sa come si era e non si sa dove si va, cosa si sarà, che responsabilità si hanno nei confronti degli esseri umani che ti vivono accanto e attraverso questo vetro vedo il mondo come una scacchiera dove ogni mossa che io faccio può cambiare la partita intera ed ho paura di essere mangiato ed ho paura pure di mangiare. Mi perdo nelle letture, i libri dello zen ed il vangelo, l'astrologia che mi racconta il cielo. Galleggio alla ricerca di un me stesso con il quale poter dialogare, ma questa linea d'ombra non me la fa incontrare. Mi offrono un incarico di responsabilità: non so cos'è il coraggio, se prendere e mollare tutto, se scegliere la fuga od affrontare questa realtà difficile da interpretare, ma bella da esplorare: provare a immaginare cosa sarà quando avrà attraversato il mare, portato questo carico importante a destinazione, dove sarà al riparo dal prossimo monsone. Mi offrono un incarico di responsabilità, domani andrò giù al porto e gli dirò che sono pronto a partire, getterò i bagagli in mare, studierò le carte e aspetterò di sapere per dove si parte, quando si parte e quando passerà il monsone dirò: “levate l'ancora, diritta, avanti tutta, questa è la rotta, questa è la direzione, questa è la decisione.”

domenica, aprile 20, 2008

sabato, aprile 12, 2008

Un Fandango di Cloe

Breve premessa:
Da mesi mi prometto di scrivere sul blog... ok...
come sono mesi che mi prometto di diminuire le sigarette...
...scusate... ma dove cazzo ho messo l'accendino? ah ecco...
...ehmm...dicevo...
visto che l'insuccesso è il mio miglior successo, o l'ozio il mio vizio...o tra il dire e il fare c'è di mezzo "e il"...quale migliore occasione per appaltare le pagine di questo blog a quella strana presenza che da un mesetto circa bussa alla mia schiena e con vocina da bambina mi mostra quanto sono diventato: apatico, lagnoso, pessimista, abulico, impassibile, uggioso, pedante, tedioso ect...
(adoro i siti dei sinonimi... è come ordinare uno jagermaister e vedersi serviti l'intera bottiglia)

Cmq Cloe, o Closenzae, o yin&yang chedirsivoglia non scrive male...anzi, e visto che posta commenti in post senza seguire il senso, ora la lascerò postare a ruota libera...
(lei non lo sa ancora ma ogni post le costerà na biretta o valida alternativa alcolica)

quello che segue è tutta farina del suo sacco...

"Ometto e Yin&Yang si sono proposti di scoprire il cinema. O meglio, Ometto ha promesso di educare Yin&Yang su quel che riguarda il cinema.

Primo film: Fandango, 1985, avevo 7 anni e probabilmente mi facevo di cartoni animati davanti alla tv, comunque…

…i temi sono quelli di sempre: le crisi generazionali. Ma se vanno tanto un motivo ci sarà, ovvero nascono sempre nuovi ometti che si avventurano nello spazio e nel tempo per capirci qualcosa di personale e non di vivamente consigliato dai genitori o di “imposto” da qualche filosofia, pensiero politico, religione…

Dunque, il film. Bello. Mi è piaciuta la fotografia. Forse a un occhio del 2008 un po’ banale, ma per l’anno che era, è molto attenta a zoommare su dei particolari a prima vista inutili, come gli insetti che attraversano una route deserta, ma che di fatto dimostrano che non siamo gli unici a camminare. Magari anche loro sviluppano dei pensieri su quell’asfalto rovente verso un luogo imprecisato!

Principalmente ho sentito la contrapposizione tra il grande amatore che ammette orgogliosamente di non aver mai amato una donna, ma chiaramente solo perché lo teme, come teme di non saper affrontare i deliranti scenari della guerra in Vietnam e lo “sfigato” di turno che di fronte al “branco” (un altro evergreen, come la crisi generazionale) deve dimostrare più degli altri. Ma probabilmente è più degli altri, perché è l’unico che agisce e crede in un ideale e lotta per raggiungerlo. Forse arriveranno delusione e sconforto, ma prova!

Sul viaggio non voglio dire molto, perché sarei banale, è troppo inflazionato…ma su questi due protagonisti/antagonisti interscambiabili qualche pensiero si è mosso nella testa.

La cima di una montagna, una bottiglia tenuta per un evento speciale (ndr: è capitato anche a me di tenere via una bottiglia per un grande evento, ma poi nessuno è stato così grande che alla fine se l’è portata via qualcun altro), un brindisi a quello che eravamo e a quello che siamo, malinconia, un saluto sconcertato tra due amici che hanno condiviso quattro di casino universitario e che sanno che probabilmente non si vedranno più, ma che non riescono a dirsi altro che un banale e squallido “buona fortuna”.

La cima della montagna e l’orizzonte che la incornicia sono però risollevati sempre dal nostro “sfigato”, l’unico capace di brindare a quello che saremo, fiducioso che qualcosa accadrà.

Illusione? Coraggio? Incoscienza?

Magari solo un sereno abbandono alla vita, permettendole di esprimersi e disponendosi ad ascoltarla…"

sabato, marzo 15, 2008

Citescion ver. 0.5

"Osi stare fuori
Osi entrare,
Quanto puoi perdere
Quanto puoi guadagnare,
E se entri
gireresti a sinistra o a destra
o a destra e tre quarti
Forse non così lesta.
Potresti confonderti al punto
da iniziare una volata
a rotta di collo per una strada dirupata
E sfacchinerai per miglia
attraverso una strana area disabitata
dirigendoti temo verso una zona desolata
Quella dell'attesa incondizionata.
Per gente che attende...
Attende che un treno parta
O che un autobus arrivi,
O che un aereo parta
O che la posta arrivi,
O che la pioggia smetta
O che il telefono squilli,
O che la neve cada in fretta
In attesa di una frase detta...
O di un filo di lustrini
O di un paio di pantaloni
O di una parrucca coi ricciolini
O di altre occasioni".

Theodor Geisel