venerdì, maggio 23, 2008

Citescion ver. 0.6

Ballata per la mia piccola iena


L'autista che ti guida ha una sola mano,
ma vede cio che credi invisibile.
Nel tuo piccolo mondo fra piccole iene
anche il sole sorge solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene,
mia piccola iena, solo se conviene.
L'amore rende soli, ma è ben più doloroso
se per nemici e amici non sei più pericoloso.
La testa è così piena che non pensi più.
Ti si aprono le gambe oppure le hai aperte tu?
Aiutami a trovare qualcosa di pulito!
Uccidi ma non vuoi morire,
uccidi ma non vuoi morire.
Fra piccole iene, solo se conviene.
Mia piccola iena, solo se conviene.
Non puoi scordare dove son state le tue labbra; sai già come sarà, ma non sai più chi sei...
La testa è così piena, non riesci più a pensare che anche senza te si possa ancora respirare!
Quello che hai appena fatto ti ha fatto stare meglio!
Chi uccide ma non vuol morire, uccidi ma non vuoi morire!
Fra piccole iene, solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene.
Mia piccola iena solo se conviene,
Mia piccola iena
solo se conviene...

Afterhours 23/5/2008

Update:

"E' Manuel, non c'è dubbio, l'ultimo Messia: un Billy senza boria, una Courtney senza attributi femminili, un Eddie senza aureola, un Kurt senza fucile. Veneratelo oppure crofiggetelo, ma non fate a meno di ascoltare almeno qualche passo del suo Vangelo"

Federico Guglielmi - Mucchio Selvaggio all'uscita di Hai paura del buio

sabato, maggio 03, 2008

Sindrome causata da violenza mancata

Nei primi anni del ‘900, nei viali dei giardini londinesi di Kensington, tal James Matthew Barrie incontrava i cinque figli della vedova Llewellyn-Davies.

Ora, se le cose fossero andate come dovevano andare - e forse come James voleva che andassero - sir Barrie si sarebbe “sollazzato” con i cinque pargoli e magari sarebbe finito impiccato per le palle…

Magari ora il suo nome non sarebbe legato ad un ragazzino che non voleva crescere con stracci verdi e cappellino da idiota e ad un pirata incapacitato a tirarsi seghe con la mano sinistra, ma sarebbe la mascotte prediletta per pederasti e pedofili.


Barrie: Ciao bel bambino come ti chiami?
Peter: Mi chiamo Peter e quelli sono i miei quattro fratelli!
Barrie: Che bello perché non mi seguite nella mia cantina che ho tanti dolci da farvi provare?
Peter: La mamma non vuole, perché non inventiamo una storia?
Barrie: Si, ok! Ma prima vi mostro la mia collezione di leccalecca giù in cantina va bene?
Peter: Dov’è la tua cantina?
Barrie: Secondo lampione a destra e poi dritto fino al portoncino!


Ecco, la domanda è semplice: è bastata una violenzamultipla su minori mancata per condannare le generazioni future alla sindrome di Peter Pan?

Mah ti dirò, la puzza di spirito adolescenziale prima o poi te la togli per forza, scompare, trasuda e viene via… e non ci sono cazzi! E non ci sono cazzi che quei tempi – se hai avuto la fortuna di assaporarli – non li dimentichi e li rimpiangerai per sempre, anche solo perché sono quello che per forza di cose e sentimenti e pensieri e sensazioni e… non potrai mai più rivivere.


Ometto: Cosa bevi?
Peter Pan: Un succo di frutta!
Ometto: …
Peter Pan: anche un crodino va bene!
Ometto: O ti allunghi uno jager o non ci sono cazzi!
Peter Pan: Va bene, però facciamo in fretta… ho ideato uno scherzo per Uncino che è una bomba!
Ometto: Eh… attento che non ti esploda nel culo… e togliti quel cappello ridicolo!
Peter Pan: Sei solo invidioso.
Ometto: Non dire cazzate!
Peter Pan: Io non devo preoccuparmi di nulla, ricordi com’era?
Ometto: …
Peter Pan: Ricordi com’era lunga l’estate? Ricordi le comitive infinite e la vita universitaria? Ricordi cosa significava organizzare una festa con 500 persone e ricordi cosa voleva dire andare in vacanza? Ricordi le serate senza meta e tornare a casa alle sei del mattino di un mercoledì anonimo? Ricordi tutti quei sogni che stranamente sono rimasti sogni e ricordi nottate tra film di Truffaut e Lynch, Kubrick e Kieslowski ? Ricordi cosa voleva dire alzarsi alle otto di domenica mattina dopo un sabato bagordo per giocare a pallone in un campetto sgarrupato anche nel fango e con un freddo glaciale?
Ometto: …
Peter Pan: E ricordi cosa voleva dire partire senza destinazione e “tanto c’è tempo… poi mi preoccupo” e ricordi quanti km per un concerto e gli interrail senza soldi e le albe e quei tormentoni che ti facevano sentire vivo e quante risate e scherzi e cazzeggio e amori e quelle delusioni che ora non sembrano più tanto enormi e ....?
Ometto: …ehmm
Peter Pan: Allora… ho ragione no? Sei invidioso!
Ometto: …
Peter Pan: Alloooooooora?
Ometto: ...
Peter Pan: Sei invidioso, sei invidioso, sei invidiooooooosooooooooo!!!
Ometto: ‘fanculo stronzo stupro mancato!
Peter Pan: …!!!
Ometto: E campanellino è na zoccola!

La linea d'ombra di Cloe

“Dov’è finita quella puzza di adolescenza?” si chiede Ometto.

Primo: non mi ricordo nemmeno se la domanda è corretta.

Secondo: lo inviterei volentieri nella mia palestra, quando le quindicenni finiscono l’ora di danza: lì sì che si può respirare a pieni polmoni…peggio che sulla più intasata circonvallazione milanese.

Terzo: mi ha “imposto” di non essere mielosa.

Chissà cosa vuol dire…

Voglio solo raccontare dei miei ricordi di quindicenne (che ai miei tempi era adolescenza) e i miei stati di quasi trentunenne (ancora in post adolescenza, a detta di eminenti studiosi).

Bhè, partendo da Kurt Cobain, ricordo solo che il primo ragazzo – quello delle storie eterne che non finiscono mai e dei lucchetti attacchi sul ponte di Roma – era particolarmente giù. Io non capivo, perché allora ero fanatica dei Take That, quindi pensate voi che mondi paralleli.

L’unica cosa che ha fatto è stata scrivere. Ha scritto una gran bella poesia, un po’ arrabbiata e un po’ malinconica e l’ha attaccata sull’armadietto di un rigido istituto di Gesuiti…

Questo riguarda quand’ero giovane, quando scrivevo i miei sogni sulla Smemoranda e quando non avevo la minima idea di cosa significasse vivere, nonostante mi sentissi già maturissima e pronta ad affrontare chissà quale tempesta.

…passano gli anni e di tempeste non ne arrivano, solo parecchie pioggerelline leggere, apparentemente innocue, ma che qualcosa scalfiscono.

Non ho ancora capito bene cosa, ma scalfiscono…

E mi ritrovo a leggere teorie che dicono che per l’adolescente, impaurito dalle richieste del mondo e con un’anima troppo fragile per rischiare il compromesso con la realtà, la soluzione è quella di trascorrere il tempo nell’eterno, nel trasparente mondo di vetro della propria solitudine, alimentandosi di fantasticherie. (Carotenuto A.)

Non so… sono troppo incasinata: amiche che partoriscono, amiche che guadagnando notevoli quantità di € e altre che girano il mondo. Qualcuna parte, ma per fortuna ho vicino a me anche tanti compagni d’avventura che continuano a porsi domande…

…oddio, è vero che dopo un po’ dovremmo darci un taglio, altrimenti non si finisce più.

Comunque vorrei concludere con una canzone del Jova, di quando aveva più o meno 30 anni, cosa che mi fa ben sperare che sia una “normale” fase di passaggio. Ma poi quante ce ne saranno ancora? Non è che la vita è tutto un passaggio? Che me lo dicano, almeno mi metto l’animo in pace e non disfo la valigia!

Io vi metto il testo, spero che Ometto sia mosso da bontà (?) e vi metta la canzone, perché nonostante lui dica che è parlata e che il testo sia banale, riflette la mia attuale PUZZA DI ADOLESCENZA.

P.S.: Spero di non ritrovarmi ancora qui quando avrò 40 anni, visto che tutto sembra posticiparsi di continuo…

"La linea d'ombra, la nebbia che io vedo a me davanti, per la prima volta nella vita mia mi trovo a saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo. Mi offrono un incarico di responsabilità, portare questa nave verso una rotta che nessuno sa. È la mia età a mezz'aria, in questa condizione di stabilità precaria, ipnotizzato dalle pale di un ventilatore sul soffitto mi giro e mi rigiro sul mio letto, mi muovo col passo pesante in questa stanza umida di un porto che non ricordo il nome. Il fondo del caffé confonde il dove e il come e per la prima volta so cos'è la nostalgia, la commozione, nel mio bagaglio panni sporchi di navigazione. Per ogni strappo un porto, per ogni porto in testa una canzone, è dolce stare in mare quando son gli altri a far la direzione senza preoccupazione, soltanto fare ciò che c'è da fare e cullati dall'onda notturna sognare la mamma, il mare …
Mi offrono un incarico di responsabilità, mi hanno detto che una nave c'ha bisogno di un comandante, mi hanno detto che la paga è interessante e che il carico è segreto ed importante.

Il pensiero della responsabilità si è fatto grosso, è come dover saltare al di là di un fosso che mi divide dai tempi spensierati di un passato che è passato, saltare verso il tempo indefinito dell'essere adulto: di fronte a me la nebbia mi nasconde la risposta alla mia paura, cosa sarà, dove mi condurrà la mia natura? La faccia di mio padre prende forma sullo specchio, lui giovane, io vecchio, le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio: "la vita non è facile, ci vuole sacrificio un giorno te ne accorgerai e mi dirai se ho ragione" arriva il giorno in cui bisogna prendere una decisione e adesso è questo giorno di monsone, col vento che non ha una direzione. Guardando il cielo un senso di oppressione, ma è la mia età dove si sa come si era e non si sa dove si va, cosa si sarà, che responsabilità si hanno nei confronti degli esseri umani che ti vivono accanto e attraverso questo vetro vedo il mondo come una scacchiera dove ogni mossa che io faccio può cambiare la partita intera ed ho paura di essere mangiato ed ho paura pure di mangiare. Mi perdo nelle letture, i libri dello zen ed il vangelo, l'astrologia che mi racconta il cielo. Galleggio alla ricerca di un me stesso con il quale poter dialogare, ma questa linea d'ombra non me la fa incontrare. Mi offrono un incarico di responsabilità: non so cos'è il coraggio, se prendere e mollare tutto, se scegliere la fuga od affrontare questa realtà difficile da interpretare, ma bella da esplorare: provare a immaginare cosa sarà quando avrà attraversato il mare, portato questo carico importante a destinazione, dove sarà al riparo dal prossimo monsone. Mi offrono un incarico di responsabilità, domani andrò giù al porto e gli dirò che sono pronto a partire, getterò i bagagli in mare, studierò le carte e aspetterò di sapere per dove si parte, quando si parte e quando passerà il monsone dirò: “levate l'ancora, diritta, avanti tutta, questa è la rotta, questa è la direzione, questa è la decisione.”