


"Ometto e Yin&Yang si sono proposti di scoprire il cinema. O meglio, Ometto ha promesso di educare Yin&Yang su quel che riguarda il cinema.
Primo film: Fandango, 1985, avevo 7 anni e probabilmente mi facevo di cartoni animati davanti alla tv, comunque…
…i temi sono quelli di sempre: le crisi generazionali. Ma se vanno tanto un motivo ci sarà, ovvero nascono sempre nuovi ometti che si avventurano nello spazio e nel tempo per capirci qualcosa di personale e non di vivamente consigliato dai genitori o di “imposto” da qualche filosofia, pensiero politico, religione…
Dunque, il film. Bello. Mi è piaciuta la fotografia. Forse a un occhio del 2008 un po’ banale, ma per l’anno che era, è molto attenta a zoommare su dei particolari a prima vista inutili, come gli insetti che attraversano una route deserta, ma che di fatto dimostrano che non siamo gli unici a camminare. Magari anche loro sviluppano dei pensieri su quell’asfalto rovente verso un luogo imprecisato!
Principalmente ho sentito la contrapposizione tra il grande amatore che ammette orgogliosamente di non aver mai amato una donna, ma chiaramente solo perché lo teme, come teme di non saper affrontare i deliranti scenari della guerra in Vietnam e lo “sfigato” di turno che di fronte al “branco” (un altro evergreen, come la crisi generazionale) deve dimostrare più degli altri. Ma probabilmente è più degli altri, perché è l’unico che agisce e crede in un ideale e lotta per raggiungerlo. Forse arriveranno delusione e sconforto, ma prova!
Sul viaggio non voglio dire molto, perché sarei banale, è troppo inflazionato…ma su questi due protagonisti/antagonisti interscambiabili qualche pensiero si è mosso nella testa.
La cima di una montagna, una bottiglia tenuta per un evento speciale (ndr: è capitato anche a me di tenere via una bottiglia per un grande evento, ma poi nessuno è stato così grande che alla fine se l’è portata via qualcun altro), un brindisi a quello che eravamo e a quello che siamo, malinconia, un saluto sconcertato tra due amici che hanno condiviso quattro di casino universitario e che sanno che probabilmente non si vedranno più, ma che non riescono a dirsi altro che un banale e squallido “buona fortuna”.
La cima della montagna e l’orizzonte che la incornicia sono però risollevati sempre dal nostro “sfigato”, l’unico capace di brindare a quello che saremo, fiducioso che qualcosa accadrà.
Illusione? Coraggio? Incoscienza?